Strategie operative di Trading & Investimento

Ftsemib: rottura 24.000 punti legata a spread settoriale

L’indice principale italiano, il Fstemib 40, sembra condannato a vita all’interno del canale che resiste da più di dieci anni nel range 12.300-24.000 punti. Dopo il sell-off 2000 delle dot.com, quando l’indice passò da 50.000 punti a 25.000 punti, c’è stata la crisi Lehman che vide le quotazioni passare dai 44.350 punti ai 12.330 punti nel marzo 2009, valore di minimo da cui è partita la lateralità decennale all’interno del canale attuale che è stato già testato 4 volte nella parte superiore (resistenza) senza successo e fallendo la rottura (breakout) rialzista. Quale potrebbe essere il segnale di un definitivo superamento dei 24.000 punti? Ci aiuta l’analisi dei settori. Considerando che il test della storica resistenza è stato respinto recentemente nel 2015, 2018 e adesso, non può non saltare all’occhio come questo equilibrio sui 24.000 punti sia stato determinato dalla salita del settore delle utilities e dalla discesa del settore bancario.

Ovviamente ciò è dipeso dall’andamento discendente dei tassi di interesse, ormai negativi sulla parte corta della curva, e dalla crisi del 2008 che, insieme a quella dei debiti sovrani europei scoppiata nel 2010 con la Grecia, ha condannato le banche europee (italiane) all’oblio e ad una crisi perenne di redditività sfociata ferocemente  nella crisi da Npl a fine 2015 inizio 2016 (aggravata da sell–off su petrolio). Globalizzazione, demografia e tecnologia hanno reso la vita facile ai soggetti Fintech non intermediari (FAANG) nell’obiettivo di “rubare” quote di mercato alle banche nel business un tempo esclusivo quale quello del sistema dei pagamenti. Quindi? E’ necessaria una inversione dei tassi e un nuovo modello di business bancario per vedere accelerare verso l’alto il Ftse All Share Banks (si registrano posizioni short nette su Ubi, Bpm, Bpe)  più velocemente di una discesa del Ftse All Share Utilities. Per i tassi di interesse la questione è globale, tranne in caso di aumento per questioni di spread e reputazione in peggioramento per l’Italia sulla sostenibilità del proprio debito, il che sarebbe un problema per lo Stato e per le banche ricche di btp in ptf; per ovviare a questo problema l’Europa dovrebbe introdurre gli eurobond, la garanzia unica sui depositi e la riforma dell’ESM: così le banche avrebbero a bilancio (nel tempo) titoli europei più rischiosi del Bund ma molto meno dell’attuale Btp avendo meno problemi patrimoniali e di emissione di nuovo debito per i paesi “periferici” (in tal senso la Bce dovrebbe fungere da prestatore di ultima istanza per gli eurobond). Enria ha sottolineato come i problemi patrimoniali si stiano risolvendo, per quelli reddituali si è ancora in alto mare: “Siamo sostanzialmente soddisfatti del livello complessivo di adeguatezza patrimoniale degli enti significativi sottoposti alla nostra vigilanza…La nostra valutazione ha rilevato che permangono preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda i modelli imprenditoriali, la governance interna e i rischi operativi delle banche. È su questi aspetti che si concentrerà maggiormente la nostra azione di vigilanza…Quando la BCE ha assunto le proprie competenze di vigilanza cinque anni fa, il volume degli NPL detenuto dagli enti significativi si collocava intorno a 1.000 miliardi di euro (pari a un’incidenza dell’8%). A fine settembre 2019 era sceso a 543 miliardi di euro (pari a un’incidenza del 3,4%)” Lato redditività le banche, dopo aver razionalizzato (venduto immobili, licenziato o reso flessibile il lavoro, effettuato operazioni di fusione e aggregazione con economie di scala) devono trovare nuove vie di margine: devono investire in tecnologia/capitale umano per accompagnare ed educare le imprese/i cittadini all’utilizzo del capitale di rischio equity al posto del classico e storico debito. Unico problema: per gli eurobond ci vuole una politica di abbassamento del debito/pil nel medio-lungo periodo che non è detto debba essere assolutamente rigorista (tagli e tasse), basterebbe rendere l’Italia appetibile ai Grandi Investitori Esteri diminuendo la burocrazia, abbreviando i tempi della giustizia rendendola “certa” senza gironi danteschi infiniti, combattendo e liberando il Paese dalla malavita organizzata (mafie, corruzione, concussione)…tutto bello, tutto possibile con l’odierna tecnologia ma sicuramente manca, oggi come 30 anni fa, la volontà politica. Altrimenti saremo terra di conquista da parte americana e asiatica, basti vedere come Goldman Sachs si stia attrezzando per operare in Italia in caso di una eventuale Hard Brexit