Negli anni ’70 Kissinger appoggiò il progetto per un “Nuovo Ordine Mondiale” che cercava di ridurre le disuguaglianze economiche e di frenare la crescita della popolazione mondiale, pur mantenendo un ritmo di crescita del pil globale sostenuto (Ettore Gotti Tedeschi – Nuovo Ordine Mondiale https://www.youtube.com/watch?v=PVbCPhl3Xu4). L’invecchiamento della popolazione, la velocità e facilità dell’avanzare del processo di globalizzazione, l’ingresso della Cina nel Wto e lo sviluppo tecnologico, hanno reso possibile una diminuzione della povertà fra paesi ma contemporaneamente un aumento delle differenze interne ai singoli paesi. “Il forte sviluppo nelle aree meno avanzate ha così ridotto i divari di reddito “tra paesi” e la disuguaglianza a livello globale. È però cambiata la distribuzione dei redditi “all’interno” dei singoli paesi, in generale con un aumento delle disparità. Come è stato efficacemente osservato, la disuguaglianza mondiale si è così “internalizzata” (Visco). Il primo Reset 1 degli anni ’70 prevedeva un controllo delle nascite e un emergere dei paesi più poveri a condizione però che si sviluppasse un “consumismo” nei paesi sviluppati grazie alla decentralizzazione produttiva (de-industrializzazione dei paesi occidentali) per mantenere i prezzi bassi. L’aumento delle disuguaglianze economiche e sociali si è accentuato con l’ingresso della Cina nel Wto e l’emergere dei BigTech, oggi più potenti degli stati, che ha consentito di scaricare la diminuzione dei margini sui salari reali (Italia in primis). La pandemia e l’invasione dell’Ucraina hanno richiesto un Great Reset 2: richiesta dell’abolizione della proprietà privata, spingere il sistema verso politiche ESG/GREEN (oggi costose) per il bene del Pianeta e di chi lo abita, capitalismo sociale/democratico, reshoring nella catena produttiva e redistributiva (Km0). Con l’avvento del Metaverso sembra materializzarsi la società di Orwell nell’era moderna. Da rileggere Kissinger, come riportato sotto.
Kissinger e la deglobalizzazione: articolo di 5 anni fa, molto attuale che si sposa con il documento di Banca D’Italia “Conoscenza e Disuguaglianze” : esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza (Socrate). Ma la conoscenza non basta, ci vuole la soprattutto al sapienza (Ettore Gotti Tedeschi). Di seguito l’articolo di Rampini: “Oggi ci sembra di vivere in una età del caos, ma una definizione simile si applicava al nostro Medioevo. In inglese tuttora lo chiamano anche The Dark Ages, l’epoca dell’oscurità. Dalla caduta dell’Impero romano nel 476 dopo Cristo, l’Europa entrò in una fase turbolenta e instabile. Dal punto di vista delle relazioni internazionali, in realtà questa fase caotica dura ben oltre il Medioevo e va perfino oltre il nostro Rinascimento. Culmina con la Guerra dei trent’anni (1618- 1648), che fu a tutti gli effetti una guerra di religione. I conflitti armati tra protestanti e cattolici non erano meno aspri di quelli che oggi oppongono musulmani sunniti e sciiti. Nel 1648, in diverse cittadine tedesche della Vestfalia si riunirono 235 delegati in rappresentanza delle parti in conflitto. Ne vennero fuori diversi trattati, riuniti in quella che gli storici da allora chiamano la pace di Vestfalia. Kissinger ci consiglia di tornare a studiarli: quegli accordi a suo avviso rimangono infatti un modello ricco di insegnamenti per l’epoca contemporanea. Uno dei principi stabiliti nel 1648 è: «Cuius regio, eius religio». Ogni re ebbe riconosciuta la potestà di decidere quale religione (cattolica o protestante) dovesse praticarsi nel suo territorio. Da un lato ratificava il diritto di interferire nella coscienza individuale dei sudditi (cosa che oggi ci ripugna), però dal punto di vista geopolitico era un riconoscimento della sovranità: un re non doveva immischiarsi nelle vicende interne del suo vicino. Si apriva così l’età della diplomazia, un nuovo metodo per gestire le relazioni internazionali. Lo Stato diventava l’unità fondamentale, l’attore di questo nuovo gioco. Grandi o piccoli, forti o deboli, tutti gli Stati vedevano riconosciuta almeno in linea di principio la propria esistenza e dignità. (…) Una pace di Vestfalia nel XXI secolo che cosa può significare? Nei nostri atteggiamenti verso la Cina e la Russia, applicare il principio «Cuius regio, eius religio» significherebbe rinunciare a criticare gli abusi contro i diritti umani, l’incarcerazione o l’eliminazione dei dissidenti. In questo senso Xi Jinping e Vladimir Putin sono «vestfaliani»… o kissingeriani, poiché denunciano le campagne occidentali per i diritti umani come altrettante interferenze negli affari interni di Stati sovrani. Un imperialismo valoriale dell’Occidente, insomma. Il novantottenne ex segretario di Stato, che tuttora ha eccellenti rapporti con la Cina, dov’è trattato con gli onori di uno statista, in fondo la pensa un po’ come loro: la sorte del Dalai Lama o dei dissidenti condannati ai lavori forzati nei laogai cinesi non è in cima alle sue preoccupazioni. Dove l’America e i suoi alleati occidentali dovrebbero essere ben più vigilanti, secondo Kissinger, è nel contrastare ogni mossa che destabilizzi l’ordine e gli equilibri fra le potenze: per esempio le minacce della Cina contro il Giappone o le Filippine; oppure le annessioni militari della Russia in Europa. (https://www.corriere.it/gli-allegati-di-corriere/22_marzo_17/priorita-all-equilibrio-potenze-geopolitica-henry-kissinger-libro-il-corriere-64f82ab4-a5f8-11ec-b9d0-9b9e3bb8f215.shtml?refresh_ce). Da decifrare il ruolo di modelli innovativi basati su una economia decentralizzata fondata sulle cryptocurrencies. Bitcoin rappresenta la nuova pace di Vestfalia? La speranza è che no ci sia una guerra valutaria lunga 30 anni (già ne sono passati 13 da Satoshi!), prima di arrivare alla pace decentralizzata, come la Guerra dei trent’anni. Il futuro sembra orientato su un modello di decentralizzazione finanziaria per politiche economiche, de-globalizzate, virtuose e sul territorio.
Guido Gennaccari