Analisi Macro & Scenari

Iva record è suicidio con euro

L’Ocse ha diffuso uno studio sull’andamento dell’Iva (Vat) che, nei paesi membri, ha raggiunto il nuovo recordo del 19,2%, rappresentando il 31% sul totale delle tasse e registrando un peso medio del 10% del Pil. Gli estremi comprendono paesi “virtuosi” quali Usa, Canada, Giappone, Australia e Corea, con aliquota sotto il 10% e paesi altrettanto “virtuosi” quali Finlandia, Islanda, Danimarca, Norvegia, Svezia e Ungheria con aliquota tra il 24% ed il 27%. Chi sono i “non virtuosi”, con economie reali sofferenti? Quelli che hanno aliquota alta ma non la maggiore: Italia, Grecia, Portogallo e Irlanda (22-24%), mentre il Paese messo meglio è la Germania, con Vat bassa ed alto export all’interno dell’area euro.

Analizzando la tendenza dell’Iva si possono trarre le seguenti conclusioni:

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  1. La Vat è cresciuta nel tempo nei paesi Ocse, dopo una discesa dal 2000 al 2009, molto velocemente dal 17,5% del 2010 al 19,2% del 2016
  2. In Italia il peso dell’Iva, in termini di Pil, è stato di 3,4% nel 1975 arrivando fino a 5,3% nel 1995 per poi rimanere stabilmente superiore al 6%  a partire dal 2000
  3. Il peso dell’Iva, sul totale delle tasse, è del 14% circa in Italia, valore molto basso rispetto alla media Ocse del 20% (paesi con percentuale più bassa sono solo 5: Canada, Svizzera, Austria, Giappone e Usa)                                                                                              vat
  4. C’è una alta correlazione inversa tra debito/pil e Iva nella zona Euro: Stati con Iva alta, ma con valuta propria e cambio variabile, hanno un rapporto debito/pil basso sotto la media UE; paesi con debito/pil molto alto e valuta euro hanno ugualmente iva alta anche se non ai massimi valori; la Germania è l’eccezione: iva bassa e debito/pil sotto l’unità a centro classifica eruopea con valore 0,75

Con l’analisi dell’Iva è evidente come:

  1. Non è scontato che un’Iva alta sia un problema se in presenza di possibili politiche del cambio flessibile che consenta svalutazione/rivalutazione (vedi paesi centro-nord Europa); in questi casi generalmente il rapporto debito/pil è virtuoso: il tasso di indebitamento del Paese (Wacc) è minore della redditività del paese (Roi)
  2. Iva alta con euro è invece un problema che si ripercuote sui conti pubblici come dimostrano i PIIG(S): Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia (e a seguire Spagna)   
  3. In Italia il problema dell’Iva sul totale contributivo, anche se in aumento rispetto agli anni precedenti al 2000, è minore e stabile con un 6% medio rispetto al Pil; è più penalizzante il cuneo fiscale sui redditi da lavoro e la tassazione toatle delle imprese

Alcuni Stati hanno “alzato la guardia” nei confronti dell’Euro abbandonando le rigidità sul cambio, perdente e anacronistico, come ha fatto la Svizzera a gennaio 2015, la Repubblica Ceca più di recente e forse anche la Danimarca che sarà pronta a sganciarsi dall’ombrello (peg) con l’euro. Meglio avere una politica del cambio flessibile e al passo con il mercato finanziario.  Ma è possibile uscire dall’Euro? Su tale questione Draghi è intervenuto 3 volte:

  1. Luglio 2012 con collasso e paralisi sistema bancario europeo: “La Bce farà qualsiasi cosa per preservare l’euro e credetemi sarà sufficiente” . Il Governatore ipotizza un possibile ma poco probabile fallimento dell’euro, evitabile con intervento della Banca Centrale
  2. Gennaio 2017 parte lettera di Draghi in risposta agli Onorevoli Valli e Zanni che termina così “Se un paese lasciasse l’Eurosistema, i crediti e le passività della sua BCN nei confronti della BCE dovrebbero essere regolati integralmente”. E’ possibile lasciare l’euro, a caro prezzo forse…
  3. Aprile 2017 arriva nuova missiva di Draghi: “Come ho avuto modo di illustrare durante l’audizione dinanzi all’ECON il 6 febbraio scorso e in diverse occasioni precedenti1 , l’euro è irrevocabile. Questo principio è sancito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Di conseguenza, non è appropriato che la BCE conduca una riflessione su ipotesi non previste dal Trattato2”

Draghi nel 2012 ha rassicurato i mercati dal possibile verificarsi di un evento temuto, a gennaio 2017 ha testato il mercato con minacce velate relative al possibile verificarsi dell’evento, ad aprile 2017 è tornato su posizioni rigide in vista degli appuntamenti politici di primavera che potrebbero rendere l’evento non un Cigno Nero ma più probabile e vicino che mai. L’unica certezza è che un euro così è solo autodistruttivo: o si cambia rotta o si di euro si muore; uscire dalla Moneta Unica è un evento dalla alta imprevedibilità delle conseguenze quindi non è detto che sia la soluzione migliore. Partiamo con il migliorare noi italiani, sembra poco e demagogico ma è fondamentale.

Guido Gennaccari

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