I mercati finanziari, quando registrano intensi incrementi di volatilità, vanno analizzati sui time frame più alti per avere una visione al netto del rumore (noise) di breve periodo per operare con un un’ottica di investimento di lungo termine. L’unica certezza, in finanza, è l’incertezza, ossia il rischio legato all’aleatorietà, che può essere interpretato con accezione negativa (perdita) o positiva (opportunità di guadagno). Un semplice strumento tecnico e quantitativo, utilizzato sui grafici, per analizzare la volatilità di uno strumento finanziario è l’ATR (Avarage True Range): una media di “X” valori che rappresentano il maggiore (positivo quindi in valore assoluto) tra tre tipi di escursioni: a) max-min b) min – chiusura precedente c) massimo – chiusura precedente. La chiusura è riferita al time frame precedente (o candela in caso di grafico) e il periodo è riferito al numero di valori presi dal campione di cui si fa la media. Prendendo l’Atr ad un periodo su grafico mensile dello s&p500 americano quali informazioni otteniamo?
- L’Atr% registra a febbraio 2020 un valore di circa 17,5% che è leggermente inferiore a quello di fine dicembre 2018 ma superiore a quello di febbraio 2018 (impennata vix) e gennaio 2016 (sell off banche e petrolio) nonché agosto 2015 (sell off Cina). Il valore è simile a quello registrato a gennaio 2008 e agosto 1998 mentre livelli abbondantemente superiori si sono registrati a luglio 2002 e ottobre 2008 (Lheman Brtohers)
- Nel caso di gennaio 2008 la candela di quel mese determinò la rottura della trend line rialzista di lungo periodo, mentre attualmente la trend line di lungo periodo è ancora lontana, forse grazie anche alle politiche espansive delle Banche Centrali.
Si potrebbe ipotizzare un ritracciamento sulla trend line fino al 23,6% di Fibonacci dal rally partito nel marzo 2009 per poi riprendere il trend di fondo di lungo periodo al rialzo in concomitanza con le elezioni Usa. Se l’America sorride la Germania invece sta proprio al test della trend line e il Dax ha valori di Atr% simili all’americano intorno al 17/18% lontano dai picchi di oltre il 30% del 2011 e 2009; l’Italietta? Sopra la trend line rialzista, sta intorno al 16% di Atr, valore superiore a fine febbraio e dicembre 2018, ma inferiore ad agosto 2015, gennaio 2016 e gennaio 2008, lontano dal record di ottobre 2008 con Atr al 38%. Fino a quando si scende il cambio euro/dollaro potrà facilmente arrivare a 1,18. Se si violasse al ribasso la trend line rialzista di lungo periodo americana? Nel 2007 i grandi gestori, dopo il top dello sp500 d’estate, iniziarono a prendere posizioni risk off vendendo azionario e contestualmente comprando oro fino a febbraio 2008 (record Atr con violazione trend line rialzista di lungo periodo) poi, anticipando il cigno nero Lehman ormai noto negli ambienti, hanno rivenduto l’oro comprato l’anno prima per compensare il sell off azionario in corso spinto dal panico del retail che disinvestiva tutto (oro da 1000$ di inizio marzo 2008 arrivò a 680$ a fine ottobre 2008 in concomitanza del fallimento Lheman); Nel 2009, con l’annuncio di interventi del Tesoro americano e della Fed, i grandi gestori tornano piano piano ad accumulare equity e oro che salgono. Nel 2011, con i top dell’oro, si assiste ad una redistribuzione da risk on dove ormai il lungo rally rialzista azionario americano è certezza, poi rafforzata dall’ intervento di Draghi nel luglio 2012 (ciliegina su torta rialzista). L’oro, che scende dal 2013 per poi stabilizzarsi in zona 1250$, torna a salire da ottobre 2018 (poco prima del salto dell’Atr a dicembre a 20%): siamo tornati all’inizio dell’estate 2007 quando i grandi gestori uscivano da equity per accumulare oro? Se la trend line verrà violata probabilmente la risposta sarà “sì”, altrimenti non c’è da preoccuparsi
Guido Gennaccari