Sul mercato degli NPL italiani volano alti gli avvoltoi esteri pronti ad acquistare per poi passare alla cassa, ottenendo lauti guadagni grazie allo sconto sul valore di cessione dei vari pacchetti. Banca D’Italia ha più volte evidenziato come la questione NPL possa risolversi su tre vie:
- Cessione diretta sul mercato (avvoltoi), con recupero medio del 23%
- Gestione interna con negoziazioni tra controparti, con recupero medio del 43% (2006-2015)
- Cartolarizzazioni e cessione sul mercato (tramite bad bank?), recupero incerto
Banca D’Italia, tramite moral suasion, forse spinge per le cartolarizzazioni, sicuramente sconsiglia la cessione diretta ad Investitori Istituzionali, come evidenziato dal documento “Progetto FINO: definizione del framework per l’interpretazione dei prezzi di mercato e analisi delle principali determinanti” dove si analizza la cessione di un portafoglio di sofferenze di Unicredit a Pimco e Fortress, con tasso di recupero solo del 13% del gross book value. Nel periodo dell’operazione FINO, 2014-2015, “Il tasso di recupero scende al 34,7% anche a causa dell’incremento negli anni più recenti delle sofferenze cedute rispetto a quelle gestite internamente dalle banche (i recuperi conseguiti mediante cessione sono infatti inferiori rispetto a quelli ottenuti tramite gestione interna).” Come si spiega questa differenza tra 13% e 34,7%?
Presto fatto:
- Effetto “Imprese” 1,3%
- Effetto “Market sale” 12,4%
- Aggiustamento dati per compatibilità 1,9%
- Effetto “vintage” 2%
- Effetto collateralizzazione 1%
- Price gap residuo 3,1%
“Il tasso di recupero medio (ponderato) del 33,4% osservato nel biennio 2014- 2015, riportato nella Tabella 1, è determinato da una percentuale di recupero del 41% ottenuta attraverso work-out interno ed una del 21% conseguita attraverso cessioni sul mercato (si vedano le cifre evidenziate in grigio). Pertanto, l’effetto “market” giustifica in media 12,4 punti percentuali della differenza di prezzo. Il tasso medio di recupero ottenuto attraverso cessioni sul mercato dei crediti deteriorati negli ultimi due anni (21%) rappresenta, quindi, la misura in relazione alla quale, nei successivi paragrafi, sono ulteriormente valutate le specificità di FINO.”
Comunque Unicredit ha ceduto il 50,1% del portafoglio FINO, quindi beneficerà dei proventi futuri relativi all’attività di recupero svolta da Fortress e Pimco che quindi non sono meri acquirenti ma diventano partner strategici. L’operazione FINO racchiude il 43% di tutte le sofferenze del perimetro italiano del gruppo “Il progetto FINO si configura come la più grande cessione di crediti deteriorati in Italia…Date le caratteristiche del mercato secondario degli NPL, sottile e illiquido, la grande dimensione della transazione ha probabilmente contribuito alla riduzione del prezzo. In aggiunta, anche i tempi ristretti di completamento dell’operazione, collegati a quelli dell’aumento di capitale, possono aver compresso il prezzo di vendita.” L’analisi dell’operazione vuole essere solo la conferma che i dati statistici aggregati della Banca D’Italia sul tasso di recupero degli NPL di sistema, siano attendibili; l’operazione FINO, per coke è stata strutturata, non può essere uno standard per le altre banche, anche se forse a Banca D’Italia piace “l’avvoltoio partner” e magari sta studiando soluzioni di cartolarizzazioni tramite bad bank con l’ausilio di “partner avvoltoi”
Guido Gennaccari