L’economia italiana, in termini di pil, si aggrappa all’export che tiene a galla il nostro Paese dai minimi toccati dopo la crisi Lehman Brothres: è un bene? Il mondo cambia velocemente e, quello che sembrava fino a poco tempo fa un vantaggio, sembra trasformarsi in un boomerang.
Alcuni Paesi delle Economie Avanzate (Germania, Giappone, Corea del Sud) registrano surplus commerciali mentre, a seguito del covid, il saldo netto delle Economie Avanzate è tornato negativo raggiungendo nuovi bottom inferiori a quelli di metà anni 2000. Oggi aumentare le quote di export, rispetto al pil, è un bene o un male considerando che le due potenze economiche leader, Usa e Cina, stanno arretrando? Ha ancora senso trovare l’alibi del cambio, euro troppo forte rispetto alla lira oppure dollar index troppo alto per economia Usa, quando si affronta il tema della crescita economica e quindi delle esportazioni? E’ cambiato il paradigma della globalizzazione, grazie alla tecnologia: oggi non conta più dove produci considerando che i margini si fanno sui servizi e che la tecnologia consente di “vendere un processo” ovunque e non più un “prodotto”, come dimostrato dalle stampanti 3d oppure dalla possibile riproduzione di un vaccino nel laboratorio locale.
L’illusione dell’aumento dell’export a spingere la crescita è dei Paesi che sono arrivati troppo tardi sul piano della crescita tecnologica. La Cina ha sfruttato la leva dell’export entrando nel WTO per poi puntare ed investire sulla tecnologia copiando (superando?) gli Usa. Il peso dell’export sul pil di Usa e Cina è sotto il 20% mentre Italia e Germania sono sopra il 30%.
Rispetto a gennaio 2020 le spese dell’E-commerce in Italia, a causa della pandemia, sono aumentate del 52,9%: a chi sarà andato tutto questo aumento di profitti? Probabilmente la fetta più grande in Usa e Cina e un residuo sarà rimasto all’economia italiana.
Guido Gennaccari