Non è stato un buon anno per le principali utilities italiane. Se confrontiamo l’andamento delle performance da inizio anno per Enel e A2A, rispetto al settore Stoxx 600 Utilities, si può vedere come addirittura Enel, nonostante i rialzi di ottobre scorso sia sotto di oltre il 16% rispetto al benchmark settoriale e A2A poco meno.
In questi giorni pero entrambe le società hanno annunciato le loro strategie future che tengono conto dell’attuale contesto economico, specie per il settore energetico, e degli obiettivi di carbon-free stabiliti a livello comunitario. I mercati però sembrano non aver gradito i piani strategici delle due compagnie. Enel ha proposto un piano ambizioso che punta entro il 2025 ad una la generazione di elettricità’ da fonti rinnovabili per circa il 75% del totale, un piano di dismissioni di circa 21 miliardi di euro entro la fine del 2023 e un tasso di crescita annuale composto dell’Utile netto ordinario del 10-13% con un rapporto FFO/Net Debt del 28%. A2A invece prevede di investire 16 miliardi di euro nei prossimi 10 anni (di cui 11 miliardi per la transizione energetica), un Ebitda a 2,6 miliardi a fine piano (in crescita del 7% medio annuo) con un FFO/Net Debt superiore al 23% già a partire dal 2025 ed, infine, 13 TWh di energia verde e da recupero energetico prodotta al 2030.
Ritengo che i dubbi del mercato siano legittimi e legati alla reale capacità delle due società di realizzare gli obiettivi prefissati. In particolare mi sembra troppo ambizioso il piano di Enel. Se da un lato punta ad un taglio massiccio delle controllate da 21 miliardi, dall’altra la società guidata da Starace è convinta di crescere in termini di utile ogni anno mediamente del 13% nonostante all’orizzonte si intraveda un rischio recessivo. Infatti A2A nel suo aggiornamento ha ridotto di circa 2 miliardi gli investimenti già precedentemente previsti a causa delle incertezze economiche. Anche la nuova compagine governativa potrebbe non facilitare i piani di crescita economici delle utility italiane.
Edoardo Liuni